13 giugno ore 21.00: Spazio Merini Cineforum, a cura di Maria Ferrone.
Apre la rassegna “Frammenti dell’universo femminile” – comprensiva di 6 incontri – il film Ti do i miei occhi (Spagna 2003). Regia di Icìar Bollaìn.
Contributo all’ingresso € 6,00 comprensivo di calice augurale. E’ gradita la prenotazione a info@lacasadelleartiste.it
Ti do i miei occhi | |
Titolo originale | Te doy mis ojos |
Paese di produzione | Spagna |
Anno | 2003 |
Durata | 109 min |
Genere | drammatico, commedia |
Regia | Icíar Bollaín |
Sceneggiatura | Icíar Bollaín e Alicia Luna |
Fotografia | Carles Gusi |
Montaggio | Ángel Hernández Zoido |
Musiche | Alberto Iglesias |
Scenografia | Víctor Molero |
Interpreti e personaggi | |
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Premi | |
E’ davvero una piccola grande sorpresa questo “Ti do i miei occhi”, firmato dalla trentasettene regista spagnola Iciar Bollain. Sorpresa perché riesce ad affrontare con successo un genere solitamente ostico e non semplice da trattare: il melodramma. Quando un regista (o anche uno scrittore) decide infatti di cimentarsi in una storia d’amore disperata e commovente, le trappole dell’ovvietà e del già detto sono molto spesso dietro l’angolo, e se la narrazione non è supportata a dovere da una sceneggiatura brillante e scorrevole il rischio di fallire diventa concreto. Ed è qui il primo grande punto di forza del film: una sceneggiatura solida, robusta, credibile e soprattutto intensa. Nelle pagine del copione ci viene raccontata la vicenda di Pilar, una giovane donna che deve fronteggiare le continue crisi di violenza a cui è soggetto il marito Antonio, crisi che spesso, come scopre la sorella di Pilar, si concludono purtroppo al pronto soccorso. La donna, sconvolta dopo l’ultima lite, decide di abbandonare casa insieme al figlioletto. Venuta successivamente a sapere che il marito ha deciso di curarsi attraverso delle sedute di gruppo da un psichiatra, tornerà sui suoi passi. Ma altre amarezze e umiliazioni la attendono prima del finale. ,Come si accennava prima, non possono non essere sottolineate la forza, l’efficacia, l’intensità attraverso cui questa storia si sviluppa e prende forma. Il percorso sentimentale della coppia non rimane in superficie, non è solamente accennato o tratteggiato in qualche modo. Al contrario, la regista mette in pratica quasi un’analisi scientifica di questa crisi mettendo sul piatto della discussione anche il tema della psicanalisi (come se volesse mettere ancora più in risalto l’intento scientifico della sua “indagine”), che occupa grande spazio nel film. E’ significativo, infatti, vedere il marito (straordinario Luis Tosar) rendersi conto dei propri sbagli, o meglio della propria malattia, e tentare in tutti i modi di cambiare per riuscire ad avere una vita normale con la sua famiglia. Ed è altrettanto significativo vedere la moglie (altrettanto bravissima Laia Marrul) che, nonostante la crisi iniziale, non si ferma davanti al primo scoglio e sceglie di riprovare, di ripartire, perché nonostante tutto è l’uomo che ha scelto e che continua ad amare. Le cose purtroppo non prenderanno una via felice (la regista sembra volerci dire che di fronte a questi problemi così gravi la strada verso il cambiamento è spesso troppo lunga e tortuosa) ma resta il tentativo vero e sofferto che entrambi i coniugi tentano per salvare il loro rapporto. Una storia di ordinaria violenza domestica, una delle tante probabilmente, ma raccontata con un occhio sincero, vero, talvolta anche un po’ duro e sgradevole (l’ultima esplosione di violenza di Antonio è al limite della sopportabilità), ma che rimane dentro per la sua tristezza e per la sua profondità.