10 12 19 Esposizione IO SO -12 dicembre 1969: Artisti nel cinquantesimo della strage di piazza Fontana

10 dicembre 2019 – Ore 18.30

Inaugurazione dell’esposizione

IO SO – 12 dicembre 1969 : Artisti nel cinquantesimo della strage di piazza Fontana.

 

Iniziativa promossa congiuntamente da ANPI, Le Belle Arti APS e Comitato Artisti e Resistenze.

 

Termine esposizione : 12 gennaio 2020. Ingresso libero.

Nel prossimo mese di dicembre ricorrerà il cinquantesimo anniversario dell’orribile strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) che la Storia e le vicende processuali hanno incontrovertibilmente imputato alla manovalanza fascista e alla complicità dei disertori dello Stato.

L’enorme impressione di quell’avvenimento, classificato anche come “perdita dell’innocenza” per la Repubblica nata dalla Resistenza, è tutta nelle immagini della grande e composta folla nel giorno dei funerali, vero primo fattore di opposizione a un disegno, la cosiddetta strategia della tensione, che da quella data si sarebbe dipanata per anni.

La profonda fiducia che “Artisti e Resistenze” assegna alla capacità dell’arte visiva di essere interprete di emozioni e ragionamenti collettivi, ci spinge a proporre che nel prossimo dicembre una mostra faccia memoria di quel tragico avvenimento.

Per tale importante iniziativa, promossa congiuntamente da ANPI, Le Belle Arti APS e Comitato Artisti e Resistenze, abbiamo pensato a due iniziative espositive che comparino opere storiche, progettate negli anni immediatamente vicini agli eventi a opere del presente, coinvolgendo anche giovani artisti.

E questo aspetto vorremmo fosse ben presente: il coinvolgimento, nella ricostruzione storica, delle giovani generazioni, per combattere l’opera di sistematica distruzione della memoria che si viene attuando.

Le due mostre si terranno in due importanti spazi cittadini grazie alla Collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Brera e della Casa Museo Alda Merini:

 

Ex chiesa di San Carpoforo / piazza Formentini 

10 dicembre 2019 / 15 gennaio 2020

Inaugurazione Martedì 10 dicembre ore 12,00 

e

Casa Museo Alda Merini / Via Magolfa,32

10 dicembre 2019 / 7 gennaio 2020

Inaugurazione Martedì 10 dicembre ore 18,30

Artisti presenti con le loro opere alla mostra:

GABRIELLA BENEDINI – GIUSEPPE BRUNETTI – GIANCARLO COLLI – VIRGINIA DAL MAGRO  – LUISELLA DEIANA PATETTA – GIOXE DE MICHELI – PINO DI GENNARO – GIOVANNI DRADI – SALVATORE ESPOSITO – ATTILIO FORGIOLI – RENATO GALBUSERA – CARLO ADELIO GALIMBERTI  – ANNAMARIA GARAU – GIANANTONIO GENNARI – GAIA GIANARDI – DANIELA GILARDONI – MARIA JANNELLI – MASSIMO MARCHESOTTI  – ALFREDO MAZZOTTA – ANTONINO MIANO – ORTICA NOODLES – BRUNO PELLEGRINI – BARBARA PIETRASANTA – STEFANO PIZZI – MARIO QUADRAROLI – GIANFRANCO ROMAGNOLI – GIOVANNI RUBINO – GIANLUIGI SARTORI – MARIA LUISA SIMONE – ALESSANDRO SPADARI – DAVIDE TINELLI “ATOMO”- MICHELA USANZA – ALBERTO VENDITTI – CLAUDIO ZANINI

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Cos’è questo golpe? Io so

di Pier Paolo Pasolini

 

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio “progetto di romanzo”, sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il ’68 non è poi così difficile.

 

Tale verità – lo si sente con assoluta precisione – sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio.

(da: Corriere della Sera, 14 novembre 1974)

 

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28 11 19 «SABAIDEE» Mostra fotografica di DINO GEROMELLA

28 novembre 2019 – ore 18.00

INAUGURAZIONE della mostra fotografica di

DINO GEROMELLA «SABAIDEE»

sul lavoro infantile nelle zone remote rurali del Vietnam e Laos.

Ospite il coro Zerosedici di Milano (cantori dai 6 ai 13 anni) che eseguirà brani espressamente scritti per voci bianche, coordinati dal direttore Aleksander Zielinski

 

Termine esposizione 1/12. Ingresso libero

SABAIDEE in Thai significa “stare bene”, “essere felice”, “sentirsi comodo”, “essere rilassati”. Anche in Laos la parola ha molteplici usi, incluso “ciao”, “come stai” e “sto bene”. Riflette la semplicità della cultura locale, a volte confusa dagli occidentali con la pigrizia. Fuori dalle località turistiche più famose, il Laos e il Vietnam rimangono in gran parte agricoli: i beni primari provengono dall’agricoltura o dalla pesca nel fiume Mekong e suoi affluenti. Gli agricoltori vanno a lavorare nei campi vestiti a festa, i bambini non hanno un iPad, ma giocano tra loro con dei sassi incontrati per strada tra le montagne. Territori sperduti, carenti di connessioni e infrastrutture, ancora profondamente segnati dalla guerra del Vietnam (le mine inesplose ricoprono una gran parte del Laos, rendendone estremamente difficile lo sviluppo). Tanto lavoro, nessun lusso, ma più sorrisi autentici per cose semplici, e tanti “sabaidee” tra sconosciuti che si incontrano per il cammino. Alcune delle foto hanno partecipato al premio World Press Photo 2019.

 

DINO GEROMELLA, Pola (Croazia) 1984

Giornalista politico e di attualità, appassionato di viaggi. Alcune delle sue foto sono state pubblicate su guide di viaggio come Lonely Planet, The Rough Guides e Michelin.

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1 11 19 ALDA- TRATTI E RITRATTI esposizione collettiva artisti [decennale meriniano]

Nell’ambito del DECENNALE MERINIANO

ALDA – TRATTI E RITRATTI

esposizione collettiva di opere dedicate ad Alda Merini a cura di Daniela Gilardoni

INAUGURAZIONE ore 17.00 del 1 novembre 2019

Espongono:

Savi Arbola
Erika Capobianco
Alberto Casiraghy
Maria Teresa Di Nardo
Daniela Gilardoni
Gianguido Gilioli
Giuliano Grittini
Salvatore Morgante
Mario Nava

Luca Nizzoli
Luciano Perolini
Nico Piazza
Andrea Polenghi
Leonora Rapezzi

L’esposizione termina il 24.11.19

ingresso libero

Orari
lunedì: chiuso
martedì 10.00-13.00
mercoledì 10.00-13.00 e 17.00-20.00
giovedì: 14.00-20.00
venerdì, sabato, domenica: 17.00-20.00

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22 10 19 Inaugurazione mostra “Visioni intime e della terra” –

22 ottobre 2019 – ore 18.30

Inaugurazione della mostra

VISIONI INTIME E DELLA TERRA

Espongono

Laura Martucci, Angela Leopatri, Angela Petrini, Maria Lombardi, Carla Pucci Da Filicaja, Angelo Speziale e Giuseppe Morena.

A cura di Valentina Cavera.

Musica di Gabriele Losavio: “The sound of nature”.

Dal 22 al 30 ottobre, “Visioni intime e della terra” sarà visibile all’interno della Casa delle artiste (Via Magolfa 32).

 

ingresso libero

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Osservare un’opera del contemporaneo, cercare di comprenderla, significa un po’ addentrarsi nell’interiorità dell’artista che l’ha realizzata, nelle sue emozioni, le quali altro non sono che riflesso di ciò che si vive. Altresì, le rappresentazioni artistiche diventano porte segrete per conoscere il mondo che ci circonda attraverso le voci silenti degli interlocutori dell’arte. L’utilizzo delle colorazioni, delle forme, della scelta dei soggetti sono tutte simbologie archetipe che ci conducono nel sentiero della verità, lì dove l’uomo ascolta se stesso e traduce attraverso la materia ciò che sente. La vivida sensibilità inconsueta di ogni artista aiuta a sciogliere le barriere che spesso imprigionano l’individuo comune in un universo falsificato dalle apparenze dell’esistenza.

“Visioni intime e della terra” incoraggia il visitatore ad esplorare la propria anima osservando il lavoro sull’emotività svolto Da Laura Martucci e Angela Leopatri e nello stesso tempo ad osservare ciò che di vero traspare sul pianeta, poiché con esso scopriamo la bellezza che risiede in noi: la naturalezza, l’armonia perfetta che ci accomuna al creato. La pittura botanica di Angela Petrini, Maria Lombardi, Carla Pucci da Filicaja e quella naturalista di Angelo Speziale catturano in un lampo di eternale presente la perfezione data dalle piante, dagli insetti, dagli animali che sorreggono, come fossero basamenti architettonici, l’intera struttura della terra, l’habitat dove gli esseri umani hanno creato la storia e realizzano il futuro. Con le sculture di Giuseppe Morena tocchiamo la materia, sostiamo al confine tra l’uomo e la natura, per sentirsi un tutt’uno con essa.

Le luminose colorazioni emotive di Laura Martucci.

Con Laura Martucci (Roma ’82) ci si avventura nella propria interiorità attraverso quei ritratti che mirano all’anima. Di luce, di colore, tra quei numerosi specchi geometrici che compongono la fisicità dei personaggi. Ci sono dei momenti in cui la felicità dell’individuo si fa viva ed allora tutto il corpo partecipa, vestito dalle luci dell’emozione, dai colori di festa. Dinanzi alle sue strutture si evince che attraverso il proprio corpo l’uomo si esprime ed osservando il suo modo di esprimersi si prova un sentimento. Dopo un attento studio sulle forme e sulle tonalità che evocano la felicità, la positività, nasce questo ciclo di pitture di Laura Martucci. «I colori accesi accendono l’anima; è come se ti mostrassero la via giusta, ti trasmettessero serenità, speranza…vita.  – spiega Laura – L’unione di alcuni colori crea la perfezione.» Così la donna sdraiata sulla coperta comunica il suo benessere, durante quel processo di scomposizione e combinazione di figure geometriche. Nella densità dei volumi, variopinti dalla selezione accurata di determinate colorazioni, si capta la gioia. «Sono momenti brevi ma ciò accade: quando ci sentiamo amate, quando vediamo positività nella nostra vita, nei momenti felici…  – racconta Laura – quando godiamo dei piccoli momenti.»

Si nota tra la maggior parte dei lavori di natura cubista, un ‘opera dove si annida la creatività surrealista, anche se ai margini, come fosse un richiamo al filone precedentemente descritto, le impronte del medesimo stile creano un’armonia totalizzante: una testa, priva di corpo, ad occhi chiusi immerso nella luce, vive il suo momento di beatitudine. Triangoli, rettangoli, quadrati, archi, si dividono lo spazio mentre la parte figurativa predomina. Un occhio poco distante si apre alla coscienza, mentre il mare si lascia ascoltare in lontananza.

Le Pitture di Laura Martucci sottoforma di luminose apparizioni si oppongono a quelle in mostra all’interno dello Studio Mitti (Via Alzaia Naviglio Grande 4), dal 25 ottobre fino al 4 novembre, in cui l’oscurità e l’onirico sono i protagonisti.

 

Angela Leopatri, traduttrice d’emozioni

Angela Leopatri (Milano, ‘58) con minuziosa attenzione dispone le sue emozioni sulla tela cogliendole nel loro colorato apparire, distinguendo le sfumature che le caratterizzano attraverso la scelta delle forme in differenti composizioni di natura Kandinskiana, trasformando ciò che prova in danza di luce e musica per gli occhi.

«Spesso mi sono soffermata ad osservare lo spazio, la natura o mi sono persa nelle pagine illustrate di un libro d’arte – racconta Angela – Così ho compreso che essere artista è creare emozioni e condividerle».

Inizia a disegnare sin da bambina tra il profumo degli acrilici. Allora usava la tempera. Quel senso di appagamento e di felicità in quella sua immersione tra i colori l’ha sempre mantenuto vivo. Dopo aver terminato gli studi all’ Accademia d’Arte Cimabue di Milano in giovane età, ha sperimentato nel corso del suo percorso varie tecniche, vari stili. Focalizzandosi sui paesaggi mediterranei ha in seguito introdotto l’astratto nella sua esperienza artistica servendosi di quelle stesse tonalità che intonavano quei paesaggi. Si è imbattuta nel materico, ha unito alle colorazioni le foglie d’oro, ha lavorato con la spatola e con le mani. Sono così nate quelle opere che fanno di lei una traduttrice di emozioni, per esorcizzare i dolori, le paure ed anche allo stesso tempo per festeggiare la gioia, in quella manipolazione costante negli elementi del concreto e di conseguenza dentro se stessa. Vestire la tela del sé è lo scopo del suo lavoro. Dentro le sue opere c’è la vita, in quel gioco di forme e di colori che per un effetto ottico si muovono quasi nello spazio pur rimanendo ferme: tra le forme geometriche si sprigiona un linguaggio senza parole in cui il cerchio con la sua morbidezza visiva protegge, il triangolo con le sue punte ferisce, il quadrato impone razionalità.

Le opere che presenta in mostra hanno per titolo: “Profonda spaccatura”, “Resilienza”,” La passione, l’amore e il desiderio”.

La prima è specchio del suo rapporto difficile con il padre. Rappresenta una sfera divisa a metà con l’impossibilità di ricomporsi: sullo sfondo nero pare essere di cristallo di rocca. La sfera seppur spezzata rimane distesa con un pezzo vicino all’altro poiché un legame di sangue è e rimarrà comunque indissolubile.

La seconda, in tecnica mista, una fusione di sabbia, olio e acrilico, rappresenta la forza che risiede in ogni donna dopo aver affrontato le varie prove della vita… è allora che si diventa rocce, dure, vigili. Su di uno sfondo oscuro, delle sembianze della pietra lavica, compare un occhio dorato da veggente. Posizionato al centro del dipinto, in prospettiva disposto sotto i vari superfici di forme, come fossero strati di pelle, sembra guardare in tutte le direzioni.

In “La passione, l’amore e il desiderio” si celebrano i trionfi sentimentali, tra lune di sogni colorate a pastello.

 

Angela Petrini e Floraviva

Angela Petrini (Novara, ‘58) è disegnatrice e al contempo Presidente di Floraviva, associazione di pittori botanici italiani nata nel 2004. In primis, lo scopo di questa associazione è di diffondere la conoscenza dell’arte botanica come strumento attuale a sostegno della difesa del patrimonio vegetale con il quale l’essere umano convive, oltre a promuovere un atteggiamento protettivo, di salvaguardia della natura. Condividere la passione dell’espressione pittorica attraverso i disegni che contemplano ed esaltano le tracce dell’universo impresse sulla terra corrisponde ad approfondire la conoscenza del creato ed anche a godere della sua bellezza. «Il compito del Presidente, oltre a quello rappresentativo, consiste nell’indirizzare e progettare l’attività comune insieme ai componenti del Consiglio Direttivo – spiega Angela Petrini – il che si traduce nello studio di temi da sviluppare nelle esposizioni collettive e nel cercare, preferibilmente nell’ambito pubblico, collaborazione e sedi per le nostre esposizioni, le attività collaterali di insegnamento della tecnica, conferenze e relazioni attinenti all’arte botanica».

Angela Petrini presenta in mostra due acquerelli. Uno su cartoncino ed uno su carta. Entrambi rappresentano varietà di iris. Il primo dipinto s’intitola “Iris alba” e corrisponde a una delle varietà più appariscenti di questo fiore, mentre Il secondo ha come titolo “Iris Jacquesiana”. Quest’ultimo è il ritratto di «un ibrido creato dal francese Jean-Nicolas Lémon già prima del 1839, data in cui lo descrisse. Lémon attribuì il nome Jacquesiana a questa iris in onore di Henri Antoine Jacques – racconta Angela – il capo giardiniere della tenuta reale di Neully.»

 

Maria Lombardi e la sua vita legata all’arte botanica

Maria Lombardi (Australia, ’61), oggi vicedirettore di Floraviva, fin dai suoi esordi legati alla disciplina artistica ha sempre notato una predilezione interiore verso le forme e i colori del mondo naturale, in particolare dei fiori. Attraverso l’arte botanica che fonde arte e scienza ha potuto manifestare la sua personalità artistica nell’interpretare ciò che il vero manifesta e sprigiona. «Ho un bisogno fisico di essere circondato dalla natura – riferisce Maria Lombardi – mi diletto nella vista del bocciolo che sta per esplodere nella vita o nelle mutevoli tonalità di un fiore che sbiadisce nelle ultime fasi della sua vita». Rapita da ragazza dal lavoro della pittrice e tipografa australiana Margaret Preston e successivamente, una volta trasferitasi in Europa, scoperte le opere di molti pittori botanici del passato come il belga Pierre-Joseph Redouté, o l’incredibile naturalista di origine tedesca e illustratrice scientifica Maria Sybilla Merian, ha trovato il suo sentiero in cui incamminarsi per esprimere se stessa coinvolgendo quante più persone ad un sincero apprezzamento della natura ed altresì ad aumento della consapevolezza verso essa. Una delle sue opere in mostra è un acquerello intitolato “Silybum marianum, (Cardo mariano)”, che rappresenta, per l’appunto, la pianta spontanea presente nel bacino del Mediterraneo.

«Questa pregiata pianta officinale, di aspetto molto affascinante, è stata usata fin dall’antichità per le sue indiscusse proprietà fitoterapiche. – spiega Maria Lombardi – È una pianta biennale dal fusto eretto, con distintivi fiori riuniti in una infiorescenza a capolino di colore violaceo-purpureo incorniciati da una raggiera di brattee spinose che si allargano man mano che il fiore inizia ad aprirsi».

 

“Le storie vegetali” di Carla Pucci da Filicaja

La seduzione esotica delle piante africane perviene ai nostri occhi attraverso i disegni che Carla Pucci da Filicaja (Roma, ’61) ha realizzato durante la sua esperienza a Zanzibar durata diversi anni. “Le sue storie vegetali” s’impregnano delle tonalità di quella terra lontana, che diviene più vicina, meno sconosciuta, grazie al suo sguardo attento e alla sua passione nel viverla. Dietro alla sua pittura botanica i colori e il segno si mescolano con lo studio delle specie vegetali e l’analisi sul campo, con l’emozione nel contemplare la natura che in funzione del tempo muta il suo volto e comunica cose differenti. Poi c’è il canto della natura… «La Natura è melodia, ci sono canti per ogni ora del giorno bisogna solo saper ascoltare ed amare ciò che si fa, solo così si può trasmettere la magia dell’emozione. Questo è per me il senso della pittura botanica – racconta l’artista. – Il “canto dell’Africa” con le sue praterie, le sue piante, gli animali incontrati nel corso di tanti safari in Tanzania mi ha ammaliato, coinvolto mentalmente e fisicamente.» Tra le opere in mostra, acquerelli su carta, si troverà “Garden in Arusha”, fiore di banano, “Jozani”, dove spicca una mangrovia rossa, tra le cui fronde si nota una Junonia oenone oenone, una farfalla che propende per le ambientazioni umide e fangose e che è golosa del nettare dei fiori. Non lontano si mostra una raganella della famiglia delle Hylidae. In “Safari a Ruaha”, Carla nel rappresentare una Kigelia africana osservata dal vivo, immagina alla base di un ramo un piccolo camaleonte. Il cocco denominato Nazi dai locali, come un’omonima opera dell’artista, è ritratto su carta assieme a parte della sua pianta, la palma da cocco. «Sullo sfondo è rappresentata anche la foglia pennata della palma che i locali chiamano makuti composta da verdi foglioline lanceolate, spesso ingiallite e bruciate dal vento. In questa occasione, qualcuno salì i 30 metri dello stipite della palma e con il machete tagliò cocchi e foglie secche. – spiega la pittrice – Il cocco è stato dipinto all’ombra del patio della mia casa africana, sul tavolo da pranzo, tra granelli di sabbia impalpabili come cipria e minuscoli insetti che riposavano sul mio foglio. Il grande tetto di makuti mi riparava dal sole e dalla luce accecante.» Nella tavola “Sulla spiaggia di Kiwengwa”, Carla ritrae una palma da cocco dalla crescita insolita: «Il fusto della pianta, – scrive l’artista – durante la crescita, aveva assunto un anomalo portamento strisciante. L’evento mi consentì il tempo per il ritratto della bellissima infiorescenza a spadice, normalmente visibile solo dal basso poiché il tipo di palma da cocco presente a Zanzibar ha un’altezza di 20-30 metri». Uno dei suoi sogni si chiama Botarte, il nome di un’ipotetica possibile associazione di artisti con cui condividere la passione per l’arte e l’amore per la natura, anche se per ora risulta essere solo il logo con cui lei si firma.

 

Le meraviglie della natura con Angelo Speziale

Con Angelo Speziale [Foligno (PG), ’59] pittore naturalista di professione dal 1988, attraversiamo le meraviglie del creato, tra piante, insetti ed uccelli. Un universo da scoprire che con lui risulterà maggiormente penetrabile.

Sulle sue tavole si muove la vita: si sente crescere, evolversi, tra i colori e profumi, suoni ed ambientazioni. Osservare con gli occhi di un naturalista d’altra parte significa questo, perché oltre al disegno ci sono i suoi racconti a rendere maggiormente suggestivo il percorso. Osservare con i suoi occhi vuol dire attraversare la luce tra i petali e le foglie, giocando con lo sguardo tra le trasparenze per poter definire la carnosità dei soggetti vegetali; attendere con pazienza che la luminosità tocchi in un certo modo l’immagine, produrre schizzi a matita, raccogliendo delle note di colore ed eternizzare ciò che si è visto su una diapositiva sono i punti determinanti verso la realizzazione delle sue creazioni…. Altresì, studiare il comportamento di certi insetti, rimanerne colpiti, carpire il loro linguaggio attraverso segni e movimenti… ascoltare il suono degli uccelli, registrandolo dentro di sé per riconoscerlo successivamente, di volta in volta, sono i passi ulteriori verso una libera progettualità e una veritiera narrazione estetica di un artista di successo.

«Ciò che m’interessa è riprodurre un racconto; tutte le mie tavole le ambiento. Non ho l’abitudine di riprodurre un soggetto estrapolato dal contesto perché mi piace raccontare anche ciò che c’è intorno; quindi ci possono essere anche altri soggetti di contorno, che di contorno non sono, ma sono magari ausiliari, complementari; oltre al soggetto animale anche il contesto ambientale è importante… la vegetazione… per dare nozione di dove vivono questi animali, che sia un uccello o un insetto. Riprodurre un po’ del loro ambiente è interessante anche dal punto di vista pittorico. Così la tavola sarà più dinamica, meno fissa».

Sin da bambino s’interessa al disegno, dapprima dipingendo casette sulle colline che con disinvoltura dinanzi agli occhi stupiti del suo maestro comparivano già in prospettiva, poi raffigurando precocemente i primi insetti, i bruchi. Dopo la parentesi avuta con immagini oniriche di entità raffigurate dietro alle sbarre, specchio di un’adolescenza introspettiva, ricompare il suo interesse verso gli insetti che poi s’incanala verso la natura tutta. Affina le tecniche pittoriche da autodidatta e approfondisce la sua cultura scientifica sull’argomento, attraverso libri ed escursioni. Sicuramente furono i suoi studi in scienze biologiche la chiave di volta che lo ha iniziato alla professione ma sono state varie le esperienze all’interno delle Università nel corso del tempo che lo hanno reso un esperto nel settore, oltre alla sua accesa passione in materia.

In mostra presenta due differenti libellule realizzate in acquerello su cartone, una gialla e nera (ONYCHOGOMPHUS sp), ed un’altra verdastra (SOMATOCHLORA sp). Tra gli insetti le libellule hanno sempre mosso il suo interesse, non solo per la loro bellezza ma per lo specifico comportamento peculiare che dimostrano. «Sono particolari nel mondo della natura perché sono costruite quasi come delle macchine da predazione. – spiega Speziale – Io le paragono a delle piccole tigri. Ci sono libellule che fanno predazioni d’agguato come farebbe un leopardo, oppure corrono come se fossero ghepardi».

Un’altra libellula, a matita colorata su carta, si nota in uno dei suoi disegni più complessi, adagiata su una ninfea gialla, nelle vicinanze di una rana verde; poi si susseguono, tra le raffigurazioni più articolate, Funghi Coprini con Fringuelli” in matita di grafite su carta e “Cappero”, un acquerello su carta. Tra le più semplici, invece, sboccia “Boccioli di rosa graham thomas”, a matita colorata su carta e si manifesta “Ramo di pero Williams max red barlett”, un acquerello su cartone, che colti nella loro semplicità e limpida perfezione sono paragonabili a poesie visive.

 

Pino Morena, lo scultore cacciatore di anime nella materia

Pino Morena, (Reggio Calabria, ’59), con le sue sculture lignee dà una seconda vita a quei materiali naufraghi, destinati a morire che provengono dai fiumi, dai torrenti, dal mare. Recuperati sulle spiagge, già levigati dalla forza dell’acqua, dalle onde, vengono ulteriormente lavorati dallo scultore che usando differenti tecniche ne stilizza la forma e ne contraddistingue la colorazione. In quanto cacciatore di anime nella materia, Morena sceglie i pezzi da lavorare in base ad una sua ricerca, che lo spinge attraverso la sua sensibilità a portare alla luce ciò che già respira nell’elemento selezionato. Ogni pezzo di legno porta con sé una determinata storia che l’occhio esterno ha modo di risvegliare con l’attenzione nel dettaglio; pare si possa scorgere l’anima dell’oggetto nei segni inferti sulla materia. Ogni suo lavoro sembra diventare confine tra uomo e natura, dove l’uomo una volta arrivato a questo confine, toccando il corpo in questione ed abbracciandolo si senta parte di essa… le sue creazioni sembrano volti in cui l’uomo ha impresso il suo passaggio dentro quel confine per annullare la distanza tra la natura e lui medesimo.

«La scultura in se stessa è la dimostrazione che io raccolgo un materiale che è destinato e a non essere utile; facendo una scultura gli dò vita… – Racconta Morena – un risvegliare la natura che sta morendo: se t’imbatti in legni e in radici che non sono più al loro posto originario, come accade in conseguenza di incendi o alluvioni, allora in un certo senso faccio rivivere ciò che è già disperso, slegato dalla sua fonte. Tutto questo dà un’emozione a chi la vede che fa riflettere su ciò che sta accadendo attorno a noi».

Lavorate con le sgorbie, scalpellini dalle varie forme, di varie misure, concave o a rondine, le sue sculture vengono trattate successivamente con delle cere o degli impregnanti, i quali regalan loro una vita più longeva e danno risalto alle venature. Scolpisce i suoi legni fino a sentirli vivi, duri, privi di alghe o residui inopportuni; legni che variano per tipologia… da quello di vite a quello di ulivo, alle radici stesse… fino ad accompagnarli con altri materiali, se è il caso, come la pietra quando, per esempio, è già incastonata nell’elemento prescelto. Con una tecnica personale, utilizzando le candele o i timbri a fuoco, riesce a dare un colore differente al pezzo concreto, dando delle sensazioni chiaro-scure. Il prodotto poi ulteriormente strofinato con carta vetrata o spazzole metalliche appare quasi un materiale differente dal legno.

 

 

Orari di apertura:

Martedì: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00

Mercoledì: dalle 10.00 alle 22.00

Giovedì: dalle 13.00 alle 20.00

Venerdì: dalle 17.00 alle 20.00

Sabato, Domenica: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00

 

 

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Visioni Intime e della Terra è stato censito nel portale italive.it e ammesso alle votazioni per il “Premio Italive 2019”.

ITALIVE.IT, progetto patrocinato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (promosso da CODACONS e COMITAS con la partecipazione di AUTOSTRADE PER L’ITALIA e la collaborazione di COLDIRETTI) informa gli automobilisti su quello che accade nel territorio che attraversano e presenta un calendario aggiornato dei migliori eventi organizzati, anche alla scoperta di eccellenze enogastronomiche.

Per visualizzare la scheda dell’evento cliccare sul seguente link.

Le votazioni espresse dai visitatori, che saranno raccolte fino a fine anno e giudicate da una commissione di esperti, determineranno il vincitore del Premio di quest’anno.
Notizie sul Premio Italive e regolamento reperibili dal sito clicca qui.

 

sadri

8 10 19 Inaugurazione della mostra “Artemisia per Alda Merini”

 

martedì 8 ottobre 2019 – ore 18.30

Inaugurazione della mostra

ARTEMISIA PER ALDA MERINI

Francesca Bruni, Rita Carelli Feri, Renata Ferrari, Pea Troll, Emanuela Volpe

 

Una mostra di opere pittoriche che interpreta il senso della poesia e del personaggio Alda Merini nello spazio che ospita l’evento e che ne ricostruisce la memoria.

Quando: Vernissage e cocktail il 8 ottobre 2019 alle ore 18,30

 

Dove: via MAGOLFA 32 Milano.

Orari della mostra :

lunedì chiuso

martedì dalle 10.00 alle 13.00 ( salvo inaugurazione)

mercoledì dalle 10.00 alle 22.00

giovedì dalle 13.00 alle 20.00

venerdì, sabato e domenica dalle 17.00 alle 20.00

 

Chi è ARTEMISIA

 

Artemisia è un singularia tantum, un nome proprio che si usa solo al singolare anche quando, come in questo caso, racchiude e denota cinque pittrici: Francesca Bruni, Rita Carelli Feri, Renata Ferrari, Pea Trolli, Emanuela Volpe. Sono artiste legate dalla stessa postura morale, innanzitutto, che è quella della condivisione, degli spazi e delle idee, degli oneri e degli onori, e dalla stessa passione inossidabile per la figura: il corpo non svanisce mai dalla loro pittura materica e ricca di pigmento, o rarefatta e leggera quanto meticolosa, essenziale e precisa, sperimentale e innovativa.

Ai progetti -è ormai una preziosità da segnalare- dedicano pensiero, ben lungi dall’essere il contrario dell’azione: scartano e aggiungono del nuovo prima di contemplare la possibilità del riutilizzo di opere già realizzate. (Cristina Muccioli)

Un gruppo artistico immutato dal 1992 anno della prima del quasi centinaio di mostre realizzate fino ad oggi. Hanno scelto di lavorare nel mondo della pittura come professioniste, affiancando alla pittura il lavoro di insegnanti di discipline artistiche. I soggetti rappresentati sono spesso figure umane, a volte è il nudo.

E’ una scelta dettata dalla maggiore facilità a entrate in sintonia con un soggetto duttile e sempre nuovo, che può di volta in volta trasformarsi ed assumere sembianze molto diverse. La caratteristica peculiare del lavoro di Artemisia è il taglio progettuale, che spesso si concretizza in opere realizzate a dieci mani: da un’unica idea nascono 5 declinazioni, che mantengono le caratteristiche linguistiche personali.

Artemisia non espone in collettiva, ma è un’unica entità formata da cinque differenti personalità

 

Artemisia dedica questa esposizione alla figura di Alda Merini, donna e simbolo, incredibilmente ricca di spunti e suggestioni. Ciascuna componente del gruppo racconta la personale visione di questa poetessa declinandola con il proprio linguaggio espressivo.

 

 

Francesca Bruni, nata a Erba (CO) vive e lavora a Milano. Ha conseguito la maturità artistica e si è diplomata in pittura presso l’Accademia di belle arti a Milano. Nel 1997 entra a far parte del gruppo Artemisia. Svolge la sua attività di decorazione pittorica per privati, società e locali pubblici, insegna pittura ad olio e Trompe l’oeil.

 

Rita Carelli Feri nasce a S. Colombano al Lambro (MI). Compie studi tecnici a Lodi. Ha frequentato le serali di Brera ed un corso di affresco a Caprese Michelangelo (FI) con il prof. Saldarelli dell’Accademia di Firenze. Vive e lavora a S. Leonardo. Insegna presso un istituto artistico di Pavia.

 

Renata Ferrari nata a Milano vive a Milano e insegna discipline pittoriche presso il liceo artistico “Boccioni”. Ha conseguito la maturità artistica presso il liceo artistico Orsoline di S.Carlo. Si è diplomata all’Accademia di belle arti di Brera. E’ stata allieva inoltre di Pietro Diana, Angela Colombo, Zeno Birolli.

 

Pea Trolli è nata a Milano. Ha conseguito la maturità artistica presso il liceo artistico Orsoline di S. Carlo e la laurea in architettura nel  presso il Politecnico di Milano. Vive e lavora a Milano dove insegna ed. artistica presso la scuola media “E. Colorni”.

 

Emanuela Volpe nata a Milano vive a Trezzano sul Naviglio e insegna discipline pittoriche presso il liceo artistico Boccioni di Milano. Dopo la maturità artistica Si è diplomata all’Accademia di belle arti di Brera. E’ stata allieva di Luigi Veronesi, Pietro Diana, Angela Colombo, Raffaele Degrada, Beppe Devalle, Domenico Purificato, Roberto Sanesi, Dino Lanaro.

 

Dettagli e info: Renata Ferrari 349.7527048 – Emanuela Volpe 338.6002540  – info@artemisia5.it

 

Siti web: www.artemisia5.it   –  www.emanuelavolpe.it  –  www.francescabruni.itwww.ritacarelliferi.it

Facebook  e Instagram : @artemisia5pittrici

 

 

 

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24 9 19 Inaugurazione mostra internazionale “About Cracovia. Post Scriptum”

24 settembre 2019 – ore 18.30 VERNISSAGE

Approda al nostro museo dopo le  tappe precedenti in Polonia, la mostra internazionale interdisciplinare di arte contemporanea

About Cracovia. Post Scriptum

della galleria LABIRYNT n°2 di Leszek  Zebrowski  di Cracovia,

con il patrocinio e partecipazione di Adrianna Siennicka, Console Generale della Repubblica di Polonia in Milano e di Marta Zagòrowska, responsabile eventi

Artisti: Artur Bartkiewicz (PL,) Chéni(F), Daniela Gilardoni (I), Ulrika Hembjer(S),Mieczylaw Malawski (UA), Jacek Pasieczny (PL), Ina Puchala (CDN), Pawel Rubaszswski  (PL,) Mira Satryan(PL,USA),  Adel Seyoun (IRQ,SLO), Violet Skipp (USA), Swietlana Tkaczuk (UA), Lona Verlich (SLO), Dermot John McConaghy Wilson (CDN),Sheila Skipp Zinkerman (USA), Teresa Zebrowska (PL), Leszek Zebrowski (PL), Erika Capobianco (I), Nikolina Dżanowska (BG) i Borys Żelew (BG)

Interventi di Sergio Meazzi – Ass.re Cultura del Municipio 6 Milano e di Francesco Demuro – Presidente della Commissione Cultura M6

A cura di Daniela Gilardoni.

Esposizione aperta fino al 6.10.19

Ingresso libero.

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10 9 19 Trame di vita in una collettiva a due piani – inaugurazione mostra

10 settembre 2019 – ore 18.30

Inaugurazione della mostra

Trame di vita in una collettiva a due piani

espongono: Loredana Caretti, Rosachiara Carletto, Germano Casone, Amos Loffreda, Marina Pozzi, Patrizia Silingardi.

Un edificio abitato da più persone, come una casa in cui si condividono le proprie storie di vita… che si specchiano, mostrandosi e raccontandosi attraverso le opere d’arte in mostra.

Termine esposizione: 22.9.19.

Ingresso libero.

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Trame di vita in una collettiva a due piani

 

Dal 10 al 22 settembre all’interno della Casa delle Artiste avrà luogo l’esposizione “Trame di vita in una collettiva a due piani”, a cura di Valentina Cavera, durante la quale Rosachiara Carletto, Germano Casone, Patrizia Silingardi, Marina Pozzi, Loredana Caretti, Amos Loffreda proporranno il loro lavoro.

Proprio come se realmente ognuno di questi artisti vi abitasse dentro, si svilupperà una relazione degli uni con gli altri, mentre le loro opere racconteranno le loro storie espresse attraverso l’arte pittorica o scultorea nel caso di Germano Casone.

 

Germano Casone [Villa Biscossi (PV), ‘47] attraverso le sue sculture di creta è come se desse voce ai bambini di tutto il mondo, partendo innanzi tutto dal bambino dentro di sé. Di cosa hanno bisogno i bambini d’oggi per crescere e diventare adulti in modo corretto? Come è fatto il loro presente? E un ipotetico paese dei bambini potrebbe esistere? I suoi bambini sono immersi nel sapere, cavalcano la fantasia su uno spicchio di luna, si affacciano dalle finestre di un borgo dove vige la semplicità.

A lavoro concluso, Casone si sofferma molto sulla ricerca del titolo più appropriato, poiché in esso si svela il legame con la realtà, ovvero il concetto che cerca di esprimere nell’atto creativo, la sua filosofia di vita che traspare dalle sue opere scultoree. Lavora molto sulla natura dei bambini, sui loro passi verso il futuro. «Il futuro è loro. Gliel’abbiamo rovinato molto però noi grandi, anche se gli abbiamo dato una vita agiata – racconta Casone – è il sistema che va ricostruito per poter gioire di questa vita. L’istruzione, la cultura sono necessari. Oggi possediamo i computer ma pur essendo un grande salto evolutivo, ci si è allontanati dalla lettura. In primis i più giovani.» ”Un bimbo che legge sarà un adulto che pensa” è un lavoro che vede protagonista un bambino intento nella lettura, in cima a dei libri impilati gli uni sugli altri, mentre un adulto lo osserva con sguardo pensoso. In “La cultura va sostenuta con forza” si legge la precarietà d’essa, in quel gesto disperato di un uomo dinanzi ad una torre di testi sovrapposti che rischia di cadere, mentre alla sua sommità un bambino è preso dal suo libro. “Compagni di scuola” vede alcuni studenti sfogliare un medesimo gigantesco libro, un inno all’istruzione.

 

Il fascino derivato di Amos Loffreda

 

Le immagini femminili di Amos Loffreda (Chioggia,’62) sono una ricerca pittorica che mira alla rappresentazione della personalità del soggetto. Nel corso della sua carriera ha sperimentato la riproduzione di nature morte, ha interpretato la realtà in forma di astrazione ma la sua ricerca poi si è soffermata sul ritratto. D’altra parte Amos nasce come fotografo, quindi ha sempre lavorato con l’immagine. Successivamente, il passaggio alla pittura è stato determinato da alcune produzioni che coinvolgevano la pittura su elementi fotografici, finché l’elaborazione dei soli colori sulla tela è diventato una realtà costante.

Il pavoneggiare delle sue donne, attraverso le chiome o gli abiti multicolori, emana tutto il fascino femminile. Non è un imitare la bellezza ma i soggetti che spesso cerca su internet sono persone che gli provocano un’emozione, da cui estrapolare l’essenza che le contraddistingue. Gli studi portati avanti a Venezia e gli approfondimenti sul disegno dal vero dinanzi alle modelle hanno influenzato la sua creatività e si sono concretizzati nei disegni che propone nel contemporaneo. Il gioco di colori che si condensa in piccoli interventi riprodotti ripetutamente attorno ai volti delle donne sono il suo modo di divagare nei percorsi dell’arte, per rendere le sue opere esclusive. «Ho approfondito il discorso sul mosaico e l’ho voluto riportare sui quadri attraverso parti di carte colorate selezionate e recuperate in una stamperia a Bassano. Successivamente aggiunta una resina particolare, abbino questa tecnica al disegno vero e proprio realizzato con olio su tela.» In un suo dipinto spicca una donna con in mano un piccolo volatile, esso s’intitola “Zeus che seduce Era”, rappresenta quindi un’immagine mitologica. La leggenda vuole che Zeus nel momento in cui entrò al potere, era deciso a prendere moglie. Essendo Era, sua sorella, di venerabile bellezza pensò a lei. Purtroppo la Dea era inavvicinabile, sempre controllata dalle serve; così dovette attendere il momento giusto. Il giorno che la vide entrare nel bosco si tramutò in un uccellino e quando lei lo raccolse dal terreno, lui si rivelò nelle sembianze di un baldo giovane, come in effetti era, e così anche ella se ne innamorò. “A Prisca” è un’opera che vede per protagonista una bambina nota nel suo paese che morì in tenera età. Lui la raffigura mentre insegue un cardellino, perché quell’uccellino nell’antichità era simbolo del trapasso dell’anima.

Amos Loffreda è molto legato alla sua terra, per questo dipinge anche su un legno spiaggiato che raccoglie attorno all’isola su cui abita.

 

Le prospettive del tempo in Rosachiara Carletto

 

L’universo temporale di Rosachiara Carletto [Lonigo (VC) ‘56] si esprime attraverso i colori e la prospettiva con cui è costruita l’immagine del paesaggio. Il presente, il passato e il futuro sono impronta di cromatismi sensibili. Grazie all’uso della spatola i suoi oli su tela nascondono il dettaglio per guidare lo sguardo verso l’oggetto rappresentato affinché l’emozione, nell’impatto visivo, sia preponderante. I colori, l’armonia tra essi, il loro elaborarsi strutturalmente, in Rosachiara, sono come sogni ad occhi aperti. «A volte quando sogni vedi delle cose poco definite, intravedi qualcosa ma non si capisce cos’è – racconta Rosachiara – la mia ricerca mira a quel qualcosa di soffuso.»

Le tematiche che affronta nei suoi dipinti ruotano attorno a elementi fissi da cui si originano versioni differenti di un argomento. Uno di essi è l’atmosfera o l’estate che vengono personificati sempre da un soggetto paesaggistico. Spesso è un paesaggio solitario dove sorgono isole, tra virgolette, in cui rifugiarsi, come nel caso di “isolotti come smeraldo”, “le atmosfere”, “la luna bussò”; altre volte quando sembra che l’artista ingrandisca il soggetto paesaggistico come con una lente di ingrandimento, le tonalità danno il senso di un’emozione più concreata, quasi tangibile. La realtà del particolare infatti rappresentata nell’”Estate” sembra quasi esserci vicina, nel presente. I suoi lavori si intrecciano con la temporalità dell’essere umano: quando coglie il soggetto da lontano dà un’impronta al tempo nel suo perdersi tra i giorni del quotidiano in vista di un futuro sperato, quando lo svela da vicino ci fa toccare il presente, frutto, nel suo caso, di un passato felice. «I soggetti che io dipingo passano sicuramente attraverso il mio vissuto, la natura in genere mi ha sempre affascinato. Ho sempre vissuto in paesini di campagna dove lo sguardo si perde nel verde, dove il rumore del vento è come una melodia e dove io spesso mi ritrovo assorta, con gli occhi socchiusi per cogliere le sfumature di uno scorcio e ad ascoltare il silenzio. – ci confida Rosachiara – Le mie marine “Atmosfere” sono nate un po’ dalla mia passione per la laguna, per il delta del po’, un po’ per la ricerca di qualcosa di infinito».

 

Le monocromatiche personalità di Marina Pozzi

 

Marina Pozzi [Limbiate, (Mi) ’60] conduce gli ospiti dinanzi a differenti soggetti che abitano nella sua interiorità, essendo parti di una sua biografia personale, legata a desideri, all’infanzia, all’ inconscio, al suo voler rivoluzionare la società che la circonda. Ogni persona è vestita di colore, in un gioco monocromatico che fa risaltare simbolicamente il proprio carattere. Il colore in Marina Pozzi è emozione, presenza attiva, potere d’essere. Utilizzando vari materiali e numerose tecniche pittoriche realizza questi ritratti. Ognuno di essi si esprime attraverso il colore, il segno, con cui traspare dalla materia e mediante una simbologia di elementi con cui viene presentato dall’artista. “Maternità”, in acrilico su cartoncino blu, raffigura una madre che allatta uno dei suoi due piccoli, entrambi vicini. I tratti dei loro corpi e dei loro visi sono decisi: la purezza del bianco si mescola al blu, ovvero alla profondità della vita. «Ho tracciato la maternità – spiega Marina – quella maternità tanto sognata, un passaggio quasi obbligatorio nella nostra società, che non potrà mai essere una condizione possibile per me a causa di un problema intimo. Un passaggio importante è stato trasferire l’atto creativo dai figli che avrei voluto ai miei dipinti, alla creatività artistica.» Quella bambina con il cappello, di colori scuri in acquerello, rappresenta lei stessa da piccina che nel corso del tempo le è rimasta dentro nonostante la durezza della vita l’abbia costretta a crearsi una spessa corazza e l’abbia schiacciata dal peso delle difficoltà. “La donna con l’orecchino di perla” rappresenta la gentilezza, l’eleganza, quelle qualità che lei possiede e che si aspetta di vedere anche nelle altre sue simili ma che, oggi come oggi, nota invece quanto si siano affievolite vorticosamente per quella pazza corsa di omologazione all’uomo… E poi compare “L’indiano” d’ acrilico rosso, avvolto da una nuvola di una tonalità più intensa, per esaltarne maggiormente la grinta. Una grinta che Marina Pozzi ha e che incarna la sua mascolinità: «L’indiano è la forza del guerriero.»

 

Il disegno libero di Patrizia Silingardi

 

Il segno distintivo di Patrizia Silingardi (Modena, ’59) si concretizza da una parte nelle sue proposte di rappresentazione oggettuale su differenti piani materici, dall’altro nel suo muoversi agilmente tra tecniche artistiche anche distanti tra loro, come la pittura e il ricamo: acquerello giapponese su veline giapponesi oppure su tele di lino antiche, tecniche miste con acquerello giapponese dipinto su pannelli lavorati a scrostature, simili a vecchi muri… acquerello giapponese dipinto su tele con colori per stoffe. La femminilità, la delicatezza, la pulizia del gesto creativo dona alle sue opere, colte nella loro essenzialità, una purezza di significato. Questo suo modo di fare e intendere l’arte la lega sicuramente all’oriente, alla filosofia che caratterizza questo paese lontano: una scoperta avvenuta a posteriori, lungo il suo percorso di ricerca.

Contraria ai gesti ripetitivi, alla monotonia dettata dalla pittura convenzionale, come quella realizzata con l’olio, la tempera su tela o il classico acquerello, ha cominciato ad appassionarsi, una volta conosciuto, all’acquerello giapponese. «Il fatto di non disegnare niente, di andare assolutamente a mano libera, di lasciare che l’acqua e il colore facciano un po’ da padroni, anche se in verità è poi sempre l’artista artefice del prodotto finale, mi ha fatto pensare “ecco questa è la mia pittura”.» La libertà totale di essere nella materia, l’armonia tra il pennello e l’oggetto che si nasconde nell’elemento sul quale il colore si adopera, in Patrizia è come uno svelare il già nato! I suoi fiori navigano in colori d’emozione ed al contempo diventano decorazioni attraverso l’ago e il filo, un esercizio di precisione, che diventa quasi una meditazione, dove i pensieri si perdono tra un petalo e l’altro.

 

Sperimentazioni di Loredana Caretti

 

Loredana Caretti (Milano, ’50) inizialmente attraversa i sentieri dell’arte per mano di un pittore lombardo, Aldo Sterchele, grazie al quale sperimenta differenti tecniche. Successivamente, interiorizzando il linguaggio di rappresentazione si muove su diversi piani di ricerca: dal paesaggio alle nature morte fino ad arrivare al ritratto, ad ambientazioni abitate. Da una parte, tratta la natura morta con allegria, usando colori che rendono la tavola felice, di buona compagnia, mentre quando sceglie altri tipi di soggetti li capta in atmosfere particolari… silenziose, raccolte, intime, in colori malinconici, slavati o perfino oscuri.

La sua meta è forse cogliere gli individui intenti in dialoghi quasi segreti e nello stesso tempo svelare il rapporto che vive dentro noi stessi, in quell’incessante evoluzione interiore, come nell’opera che raffigura due donne con i capelli neri. Ritraggono rispettivamente il pudore e la vanità ed in realtà sono la stessa persona ma rappresentata in due momenti diversi della crescita.

Osservando i suoi lavori, si respira un’atmosfera di intimità tra persone affini sotto degli ombrelli o all’interno di una sala tra donne…e poi nasce quel paesaggio con i rami spogli: dove tutto sembra spogliato dell’avere fa intravedere l’essere. Nell’apparire di questa nudità paesaggistica s’intravede l’anima del mondo.

Il mare appare vivace, testimone di un trascorso felice. «Ho introdotto nel dipinto una rete vera e propria, me l’ha data un pescatore del mare di Cesenatico. Esce dalla barca disegnata. L’opera l’ho realizzata pensando ai miei due nipoti. Infatti i nomi incisi sulla barca, sono proprio i loro, Marco e Michelle. Noi ci divertiamo nell’acqua. Ho cominciato a colorarla con la tempera e poi con la spatola ho agito sulla tempera e così sono nati dei riflessi che non potevo immaginare. L’ho coperta con la damar e l’ho ripassata infine con i colori ad olio, però quei riflessi nati per caso sono rimasti.»

 

Esposizione Collettiva

Casa delle artiste

Via Magolfa 32, 20143 Milano MI

Dal 10 al 22 settembre 2019

Inaugurazione 10 settembre, dalle 18.30

A cura di Valentina Cavera

 

 

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l’evento Trame di Vita in una Collettiva a Due Piani è stato censito nel portale italive.it e ammesso alle votazioni per il “Premio Italive 2019”.

ITALIVE.IT, progetto patrocinato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (promosso da CODACONS e COMITAS con la partecipazione di AUTOSTRADE PER L’ITALIA e la collaborazione di COLDIRETTI) informa gli automobilisti su quello che accade nel territorio che attraversano e presenta un calendario aggiornato dei migliori eventi organizzati, anche alla scoperta di eccellenze enogastronomiche.

Per visualizzare la scheda dell’evento cliccare sul seguente link.

Le votazioni espresse dai visitatori, che saranno raccolte fino a fine anno e giudicate da una commissione di esperti, determineranno il vincitore del Premio di quest’anno.
Notizie sul Premio Italive e regolamento reperibili dal sito clicca qui.

Ringraziamo per l’attenzione, con i migliori saluti.

Francesco Tamburella
Coordinatore ITALIVE

 

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3 6 19 Foto SintesiLetteraria – la mostra dalle parole alle immagini (Milano Photoweek 2019)

 

3 giugno 2019 – ore 18.30

Inaugurazione della mostra

Foto SintesiLetteraria – la mostra dalle parole alle immagini

nell’ambito di Milano Photoweek 2019

La mostra termina il 9 giugno

“Foto SintesiLetteraria è un progetto sperimentale nato dal desiderio di avvicinare la popolazione alla letteratura e alla fotografia. Si tratta di un progetto partito dal basso e aperto a tutti proponendo spunti letterari per ispirare gli scatti ai fotografi. Il tema è stato quello del “la strada” simbolo di passaggio dell’uomo in tutto il mondo e dell’incontro con l’altro, luogo da sempre della vita pubblica, dal mercato alle assemblee. L’iniziativa è organizzata dall’Istituto Pedagogico della Resistenza (IpR) e dal gruppo di lettura Spazio Libero. IpR, associazione no profit che cura e promuove sul territorio l’eredità della Resistenza, favorendo la partecipazione delle persone al progresso civile come condizione per una pedagogia e una didattica moderne. Spazio Libero è un gruppo di lettura composto da una quindicina di donne che si ritrovano da trent’anni presso l’IpR per un confronto e una riflessione su testi di letteratura selezionati su un argomento preventivamente individuato.”

Per maggiori info:

Fotosintesiletteraria@ipierre.org

ingresso libero

 

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7 5 19 Inaugurazione mostra di Erika Capobianco “In senso inverso”

7 maggio 2019 – vernissage ore 18.30 della mostra

IN SENSO INVERSO. SEGNI E VISIONI NELL’OPERA DI ERIKA CAPOBIANCO.

Casa delle Arti – Spazio Alda Merini
Capobianco, artista eclettica e fuori dalle righe. La mostra, esplora l’aspetto più intimo e personale della sua ricerca artistica, “i segni e le visioni” raccolti in un ciclo di opere dal titolo provocatorio “in senso Inverso”, una sorta di excursus della sua vita.
Immagini senza forme definite, colori addensati, toni cupi, tratti decisi ma malinconici e una forte capacità espressiva, caratterizzano un’artista che attraverso il colore dialoga con se stessa, con il proprio passato e le tormentate esperienze. Un groviglio esistenziale dove non sembra esserci una consapevole influenza artistica – bensì corrispondenze – dalla Street Art a Basquiat, dall’Art Brut all’Arte Africana. La collisione è violenta e travolgente ed evoca il bisogno di ricercare quelle concatenazioni che possono portare ad una rinascita. Dall’isolamento a cui si è costretta per anni, dal litorale laziale dove ora vive, a questa mostra che lei stessa definisce un miracolo.
Per l’ occasione viene pubblicato un catalogo edito da Il Sextante a cura di Paola Valori, con un intreccio suggestivo tra le opere di Erika Capobianco e i versi di Francesca Nardi, scritti appositamente per la mostra. Un testo critico di Ugo Corvino e un’intervista di Paola Valori restituiscono al pubblico un ritratto senza filtri del suo vissuto.
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Il pozzo dei desideri – Mostra fotografica dal 18/4 al 5/5 – Incontro con l’ideatore 3/5

Il Pozzo dei Desideri

Un’iniziativa di volontariato che ha l’obiettivo di costruire dei pozzi d’acqua nei villaggi più remoti del Malawi, Africa.

il sito internet del progetto è www.ilpozzodeidesideri.org

Venerdì 3 maggio 2019 – ore 21.00

Presente l’ideatore del progetto che racconterà la sua esperienza e mostrerà video e foto del progetto.

 

Da giovedì 18 aprile a domenica 5 maggio 2019

Mostra fotografica aperta al pubblico – Ingresso libero

Orari di apertura:
lunedì: chiuso
martedì: dalle 10.00 alle 13.00
mercoledì: dalle 10.00 alle 22.00
giovedì: dalle 13.00 alle 20.00
venerdì, sabato e domenica dalle 17.00 alle 20.00.
CHIUSURA PASQUALE – Lo Spazio Alda Merini resterà chiuso nei giorni 21, 22 e 25 aprile e il 1 maggio 2019.
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